Il Re Lucertola morì esattamente 50 anni fa a Parigi e le sue spoglie riposano al cimitero degli artisti di Père-Lachaise ma ciò che ci ha lasciato vive con tanta di quella forza dentro ognuno di noi che si può dire non sia mai morto. Jim Morrison nacque in una famiglia agiata. Il padre era un alto ufficiale della marina Usa e il suo lavoro lo costringeva a continui spostamenti, tanto che Jim non ebbe mai il tempo di affezionarsi a una casa, a una scuola, agli amici. A San Francisco, liceale, frequenta la libreria di Lawrence Ferlinghetti e si appassiona così tanto alla lettura che, all’ennesimo trasferimento ad Alexandria, in Virginia, i professori gli attribuiscono una menzione d’onore già nel primo trimestre. Si stupiscono scoprendo che il suo Q.I. fosse di 149 (la media è compresa tra i 90 e i 110).

Comincia però a ribellarsi alle istituzioni, così paralizzate nell’America di quegli anni. Non si presenta alla consegna dei diplomi liceali e la frattura col padre, che l’avrebbe voluto militare, diventa insanabile. Nel 1964 studia cinematografia all’università di Los Angeles e avviene l’incontro magico con Ray Manzarek a cui canta le sue poesie. Ray, un talento pianistico classico fin da bambino, le vuole musicare e gli propone di entrare nel suo gruppo, Rick & the Ravens, come cantante. Il gruppo si scioglierà poco dopo e Ray Manzarek, Jim Morrison, Robbie Krieger e John Densmore decidono di formare The Doors.

Jim sapeva cantare ma non era un musicista completo. Gli altri invece erano tre giovani geni della musica. Manzarek, che si definiva l’architetto dei Doors, intraprende da subito scelte musicali rivoluzionarie. Passa all’organo e la sua tecnica sopraffina lo porta a fare a meno del basso, che con la mano sinistra sostituisce con i suoi virtuosismi mentre la destra conduce la melodia. Krieger, chitarrista classico che aveva iniziato a suonare la chitarra elettrica solo otto mesi prima, innamorato del blues, del jazz ma soprattutto della chitarra flamenco, distorce quelle melodie adattando riff via via sempre più spagnoleggianti. Densmore, definito batterista “espressionista” per il suo sapiente uso delle dissonanze, spesso riesce a trasformare i suoi suoni nella seconda voce ritmica di Morrison. Tutti e quattro seguono la composizione dei brani dall’inizio alla fine trasformandoli spesso, durante i concerti, in base alla creatività del momento.

Sicuramente i testi di Morrison erano un punto di forza straordinario. Le sue liriche erano ispirate ai “maledetti” francesi, a William Blake e alla ribellione che iniziava a infiammare quegli anni. Il nome The Doors fu una sua geniale invenzione, ispirata dai versi di Blake (Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo com’è: infinita.) e al libro di Aldous Huxley “Le porte della percezione”. Così Morrison la spiegò: Ci sono cose che si conoscono e altre cose che non si conoscono. Esiste il noto e l’ignoto e in mezzo ci sono le porte. I Doors sono i sacerdoti del regno dell’ignoto che interagisce con la realtà fisica, perché l’uomo non è soltanto spirito ma anche sensualità. La sensualità e il male sono immagini molto attraenti ma dobbiamo pensare a esse come la pelle d’un serpente da cui ci si libererà.

Iniziano le esibizioni e i Doors inanellano successi. Il loro disco d’esordio esce a gennaio 1967 e diventa negli USA disco dell’anno insieme al Sgt Peppers dei Beatles. Sul palco, Jim Morrison si trasforma. Da bambino, mentre si trovava in auto con i suoi, era rimasto scioccato da un incidente appena avvenuto. Un camioncino che trasportava lavoratori nativi americani si era ribaltato e c’erano stati molti morti. Morrison raccontò spesso questa esperienza, alla quale dedicò anche il brano Peace Frog (“Indiani sparsi sulla carreggiata dell’alba sanguinanti / s’affolla di spettri la mente del bambino fragile guscio d’uovo.”). Diceva di essersi sentito come se le anime di quei morti gli fossero balzate nella mente. E lui era pronto ad accoglierle. Il suo amico fotografo Frank Lisciandro ricorda che sul palcoscenico “…ballava come un nativo americano durante una danza tribale. Diventava lo Sciamano. Come un festante dionisiaco cantava dei miti moderni e, come uno sciamano, evocava un panico sensuale per rendere significative le parole di questi miti. Agiva come se il concerto fosse un rito e lui era lo strumento per comunicare col soprannaturale. Strappava gli spettatori dalle loro sedie, dai loro ruoli, dalle loro menti così che potessero vedere l’altro lato della realtà anche solo per una breve occhiata. Il suo messaggio era: apriti un varco dovunque ti sia possibile ma fallo adesso.”

I concerti diventano apoteosi di ribellione contro l’autorità, i ruoli imposti, la società dell’avere. Viene arrestato per oscenità, per resistenza ai poliziotti che tentavano di fermare un’esibizione. I Doors finiscono sulla lista nera dello show business americano ma nulla può fermare il travolgente successo, ora planetario. Diceva: “Sono sempre stato attirato dalle idee di ribellione contro l’autorità. Quando ti riconcili con l’autorità diventi tu stesso un’autorità.

Purtroppo gli eccessi iniziano a causare danni. Morrison è sempre più spesso ubriaco anche durante i concerti e nella sua vita compare l’eroina. Nel 1968, nel corso di un lungo tour europeo tutto sold out, Morrison sviene durante l’esibizione di Amsterdam. Tornati in patria, i Doors vengono accusati di aver fomentato i disordini al concerto di Phoenix e banditi dalla città. Ma il 24 gennaio 1969, al Madison Square Garden di New York, un altro megaconcerto fa il tutto esaurito. Il pubblico li ama. Il primo marzo 1969, al Dinner Key Auditorium di Miami, Jim arriva in ritardo e ubriaco. Fa un lungo monologo sovversivo e offensivo nei confronti del potere, della morale e della religione e scatena il pubblico in una enorme sommossa. Viene processato e condannato, per sua fortuna solo per reati minori come l’aver bestemmiato durante l’esibizione.

È l’inizio della fine. Molti concerti vengono annullati ma il gruppo non si arrende. Nel luglio del 1969 esce il quarto album, Soft Parade, che non ottiene un successo immediato. Muore Brian Jones, leader dei Rolling Stones e Morrison, durante il concerto all’Aquarius Theater di Los Angeles, distribuirà a tutto il pubblico una sua splendida poesia per ricordarlo. Ormai è una mina pronta a esplodere fuori da ogni controllo. Di concerti ce ne sono ancora ma lui è sempre più ubriaco e impresentabile. Al grande evento dell’isola di Wight nell’agosto 1970 la loro esibizione è sottotono.

L’11 dicembre 1970, al Warehouse di New Orleans, va in scena l’ultimo concerto dei Doors. Gli altri componenti del gruppo decidono di lavorare solo in studio e Morrison decide di chiudere con la musica per dedicarsi alla poesia e al cinema. Nel febbraio del 1971 la sua storica compagna Pamela si trasferisce a Parigi. Lui la segue circa un mese dopo, portando con sé anche due pellicole di suoi film. Il suo Highway doveva completarlo con la famosa regista Agnès Varda. Anche Pamela fa uso di eroina e la coppia progressivamente si autodistrugge nonostante Morrison riesca ancora a scrivere poesie profonde e stupende.

Jim muore il 3 luglio del 1971 nella vasca da bagno dell’appartamento che avevano preso in affitto, forse per un infarto. La sua grande amica Varda il giorno dopo organizza la veglia funebre e dispone per le esequie al Pére-Lachaise, il cimitero degli artisti. Al netto delle numerose speculazioni sulla sua morte e sulla sua vita, dissoluta quanto si vuole ma densa di opere a dir poco eccezionali, Jim Morrison, oltre ai tanti capolavori di rock psichedelico, ci ha lasciato un enorme lavoro poetico non facile da raccogliere. Spesso le sue poesie erano scritte su fogli sparsi disseminati ovunque: molte saranno andate perdute. Stiamo parlando di oltre 700 testi tra poesie, epigrammi, saggi, racconti, soggetti e sceneggiature. In Italia le raccolte più complete sono: “I Signori. Le nuove creature. Le poesie del Re Lucertola.” e “Tempesta elettrica.” È incredibile l’enorme produzione, tutta di altissimo livello, d’un artista morto così giovane, ad appena 27 anni. E non si può chiudere il mio commosso ricordo che con questo capolavoro:

The Severed Garden

Sai quanto pallida lasciva e fremente

viene la morte a una strana ora

inattesa, imprevista

come uno spaventoso ospite più che amichevole

che ti sei portato a letto.

La morte rende angeli tutti noi

e ci dà ali

dove avevamo spalle

lisce come artigli

di corvo.

Basta denaro, basta agghindarsi.

Questo regno sembra di gran lunga migliore

finché l’altra faccia rivela l’incesto

e la libera obbedienza a una legge vegetale.

Non ci andrò.

Preferisco una Festa di Amici

Alla Famiglia Gigante

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